Tony’s Pizza

La flebile speranza riformatrice

Tony Blair ha indicato in Matteo Renzi un suo erede potenziale e Blair in Gran Bretagna faceva le riforme quando in Italia al più se ne discuteva. La sinistra italiana, non potendo contrastare il leader del new labour sul piano dei risultati, lui era un vincente, lei no, lo attaccò per la guerra. Blair da fonte di ispirazione di successo, divenne il reietto alleato sciocco di Bush jr. Fabio Mussi, all’epoca esistevano ancora i Ds, voleva persino espellerlo dall’internazionale socialista di cui faceva serenamente parte il siriano Bashir el Assad. Si arrivò al colmo di voler sostituire Blair con l'insignificante Zapatero, quello che faceva prendere a fucilate gli immigrati del Marocco. Renzi invece con l’ex “the Boy” è pappa e ciccia e lo ha invitato a mangiare una pizza, un pasto confidenziale e non necessariamente impegnativo. Il premier italiano non sa ancora se davvero può prendere Blair a modello, tanto che nel suo strampalato elenco della sinistra mondiale fornito a Repubblica la settimana scorsa, c’era un ferrovecchio del marxismo leninismo come Enrico Berlinguer e non figurava chi come Blair rappresentava una svolta profonda. Meglio per Renzi evitare la figuraccia di Prodi, il quale una volta aperto con entusiasmo al terzismo blairiano, si ritrovò nuovamente al governo con Bertinotti e dodici anni dopo. Nel caso in cui Renzi davvero si convincesse che Blair rappresenta un esempio da seguire, la rottura del suo partito, e del suo partito con il sindacato diverrebbe un dato di fatto. A chi gli chiede di tornare all’Ulivo, Renzi indicherebbe l’aggancio al new labour, che fra l’altro, sconfessato Blair per il più tradizionale Ed Miliband, sembra aver detto addio ad ogni sogno di gloria. Quando si tratta di laburismo, va da se che distinguere i fatti dalle chiacchiere è un autentico programma. Ma le intenzioni sono sempre buone e del resto a Renzi, come a suo tempo a Craxi, possiamo rimproverare un po’ di tutto, tranne di non volere ammodernare il paese, lui vorrebbe persino rottamarlo. Per Craxi, erede di un premio Stalin quale era Pietro Nenni, l’impresa non fu felice. Renzi, se si convincesse di poter seguire le orme di Blair, avrebbe un compito più agevole. Visto lo stato della sinistra italiana ci vuole coraggio. Se lo trova, bisognerà rendergliene merito. Altrimenti si finisce con il commettere lo stesso errore del liberalismo britannico, che vide Blair come un concorrente e finì all’opposizione insieme al partito conservatore. I liberal inglesi, scommisero che ad un dato momento la moneta spesa dal new labour sarebbe suonata falsa, e così sarebbero divenuti il primo partito inglese. Invece dopo tre legislature il primo partito tornò quello conservatore ed i liberal, estenuati da 15 anni di opposizione improduttiva, si sono imbarcati in un ruolo gregario. Risultato? La decimazione. Non avendo rinforzato il tentativo liberal di Blair lo hanno lasciato perire ed ora con un governo conservatore deludente, i liberal senza credibilità ed i laburisti tornati nelle mani delle trade union, la massa dell’elettorato si è diretta verso Farange. E’ vero che in Italia non siamo ancora arrivati a questo punto, ma se domani avessimo quel che resta di Grillo, Landini e la Bindi, oltre che il lepenista Salvini, tutti armati contro Renzi, dovremmo gioco forza correre al soccorso del buon Matteo. Anche se, a dirla tutta e fin dai suoi primi passi, Blair gli non assomiglia proprio niente, resta ancora una flebile speranza riformatrice da difendere.

Roma, 27 novembre 2014